Buia: lo Stato non è meglio dei privati. Piuttosto si preoccupi dei controlli


04 settembre 2018
[La Stampa - 30/08/2018 - Intervista a Gabriele Buia, presidente di Ance nazionale - di Paolo Baroni] Il presidente dell'Associazione costruttori: nel pubblico non c'è efficienza 'Lo Stato non è meglio dei privati. Piuttosto si preoccupi dei controlli' Lo scandalo sono i tempi di realizzazione delle opere. C'è un eccesso di burocrazia «Il pubblico? Deve controllare per davvero e semplificare le procedure» sostiene Gabriele Buia. Il presidente nazionale dell'Associazione costruttori non si vuole infilare nella polemica pubblico-privato innescata dopo il disastro di Genova, però «in tutta franchezza, in ambito pubblico non si vede poi tutta questa efficienza. Basta pensare che, proprio nel campo delle infrastrutture, lo stesso ministero ha più volte ammesso di non esser in grado di fare i controlli a cui era demandato». «Ora - sostiene Buia - dopo questa crisi apicale, che però negli ultimi anni era stata già preceduta da una serie di segnali premonitori col crollo di diversi viadotti, occorre voltare pagina in fretta e varare un grande piano nazionale di manutenzione delle infrastrutture». Presidente, dopo Genova si parla di privatizzare, di far fare tutto allo Stato, come se le nostre imprese private non fossero più capaci di costruire, progettare e prevedere i rischi. Che ne pensa? «Le nostre imprese sono ampiamente in grado di far fronte a qualsiasi necessità: stanno acquisendo commesse all'estero di notevole importanza e nel campo delle infrastrutture siamo leader in diversi settori. Vinciamo gare per le metropolitane in Australia, realizziamo viadotti e strade in ogni parte del mondo. Meglio il pubblico del privato? Francamente non vorrei entrare in questa polemica: ci sono imprese efficienti sia nel pubblico che nel privato così come ce ne sono delle inefficienti. L'unica grande differenza è che nel pubblico qualcuno ogni tanto ripiana i bilanci, cosa che nel privato non succede mai. Semmai la questione è un'altra». Quale? «Quella dei tempi di realizzazione delle opere e dei tempi di reazione quando si verificano calamità di questo genere. Sono anni che diciamo che l'Italia ha bisogno di un grande piano di manutenzione delle infrastrutture e di nuovi interventi infrastrutturali in grado di colmare il nostro gap. Le leggi di bilancio stanziano le risorse ma noi non riusciamo ad aprire i cantieri. Prima di riuscire a partire servono anni: la media per arrivare a bandire una gara per una grande opera è di 4 anni e mezzo, con punte di 8. I due terzi del tempo è assorbito da procedure burocratiche e amministrative. Questo è il grande male dell'Italia». E questo vale anche per le manutenzioni? «Assolutamente sì. E se i tempi per intervenire su infrastrutture come quella di Genova sono quelli che ho detto ci potremmo aspettare da un momento all'altro altre evidenze del genere, ovviamente mi auguro non della stessa gravità». Suggerimenti? «Non possiamo lavorare e legiferare sempre a fronte di emergenze. Dobbiamo programmare e pensare adun domani diverso mettendo in campo una manutenzione programmata che ci consenta di tenere in sicurezza un settore così nevralgico per il sistema Paese. Come imprese chiediamo trasparenza, regole certe, uguali per tutte, rapidità di assegnazioni e grandissimi controlli. La pubblica amministrazione deve preoccuparsi di eseguire con concretezza tutti i controlli che sono necessari e semplificare le procedure». Controlli che non spaventano le imprese? «Assolutamente no, non ci devono spaventare. Le imprese che stanno fuori dalle regole saranno messe fuori». È evidente però che su Genova qualche errore c'è stato... «C'è una indagine in corso, sarà la magistratura a fare chiarezza. Forse qualcuno non ha vigilato, forse qualcuno non ha ascoltato: i responsabili ne risponderanno. È chiaro però che cose del genere in Italia non devono più succedere».