Contributo di costruzione: 10 anni al comune per rideterminare gli importi errati


04 settembre 2018
La P.A. può rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l'importo del contributo di costruzione liquidato in modo erroneo, richiedendo o rimborsando la differenza nel termine di 10 anni dal rilascio del titolo edilizio. È quanto ha sancito il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con la sentenza 30 agosto 2018, n. 12, che mette un punto fermo su una questione - quella della rideterminazione di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione calcolati in modo errato - che vedeva la giurisprudenza divisa su posizioni differenti circa tempi, presupposti e rimedi. In via preliminare l'Adunanza Plenaria ha ribadito che si è in presenza di un rapporto di natura privatistica e non pubblicistica fra Comune e privato e pertanto non trovano applicazione le norme sull'autotutela amministrativa che fissano in 18 mesi dall'adozione del provvedimento il termine entro cui l'ente locale può rivedere le proprie decisioni (art. 21-nonies della Legge 241/1990). Sulla base di questa premessa, il Consiglio di Stato ha stabilito che: -in caso di errata liquidazione, la P.A. può procedere alla rideterminazione dell'importo del contributo di costruzione nel termine ordinario di prescrizione dei diritti stabilito dall'art. 2946 del Codice civile e cioè 10 anni; -ugualmente il privato ha a disposizione 10 anni per impugnare davanti al giudice amministrativo l'atto che ridetermina l'importo del contributo - e non 60 giorni come previsto per i provvedimenti amministrativi; -le ipotesi in cui trovano applicazione queste regole sono quelle in cui l'erronea liquidazione è dipesa dall'applicazione inesatta o incoerente dei parametri vigenti al momento del rilascio del titolo abilitativo edilizio ovvero da un semplice errore di calcolo e non quelle in cui il Comune ha applicato retroattivamente coefficienti e tabelle introdotti successivamente al rilascio del titolo edilizio; -in questi casi i principi della tutela dell'affidamento e della buona fede che la P.A. deve osservare in generale nei rapporti con i privati possono trovare applicazione solo in ipotesi eccezionali poichè il comune applica tabelle parametriche rese note e pertanto i relativi calcoli possono essere verificati dal privato con l'aiuto del progettista che l'assiste nella presentazione dell'istanza; -sul privato grava dunque un obbligo di diligenza per evitare che gli venga chiesto meno o più del dovuto, così come sul comune grava l'obbligo di adoperarsi affinchè la liquidazione del contributo di costruzione avvenga nel modo più corretto, sollecito, scrupoloso e preciso fin dall'inizio. In allegato la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2018