Agevolazione


17 luglio 2017

Il proprietario di un immobile acquistato con i benefici ''prima casa'' (anche in regime di comunione legale), non può usufruire nuovamente della medesima agevolazione per l'acquisto di un altro immobile, non rilevando in alcun modo l'inidoneità dell'immobile a soddisfare i bisogni abitativi della famiglia.
Questo il principio giuridico affermato dalla Corte di Cassazione, nell'Ordinanza 13 giugno 2017, n. 14740, che, sulla base di un ricorso avanzato da un contribuente, ha negato i benefici ''prima casa'' (IVA al 4% o registro al 2%), così come disciplinati dall'art. 1, nota II-bis della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/86[1].
La questione prende le mosse da un avviso di liquidazione con la quale l'Amministrazione finanziaria ha revocato l'aliquota IVA agevolata del 4% (ai sensi Tabella A, parte II, n. 21, allegata al D.P.R. 633/1972), applicata all'acquisto di un'abitazione non di lusso da impresa, riprendendo a tassazione l'imposta nella misura ordinaria.
In particolare, l'Amministrazione disconosceva l'applicabilità dell'aliquota ridotta in quanto il contribuente possedeva già un immobile, acquistato diversi anni prima in comproprietà con il fratello, rispetto al quale aveva fruito dell'agevolazione ''prima casa''.
Contro tale avviso, il contribuente ha proposto ricorso, sostenendo il diritto a godere dei suddetti benefici per l'acquisto della nuova abitazione, poichè quella già posseduta (in comproprietà) era ''inidonea a soddisfare i concreti bisogni abitativi del contribuente, a causa delle ridotte dimensioni''.
Sulla questione è intervenuta la Suprema Corte che, con l'Ordinanza n. 1470/2017, ha rigettato il ricorso del contribuente, affermando che ''il proprietario di un immobile agevolato non può nuovamente usufruire della medesima agevolazione per l'acquisto di un altro immobile, non rilevando, inoltre, la soggettiva e concreta idoneità abitativa dell'immobile già posseduto''.
In merito, i giudici sono partiti dal dettato normativo della nota II-bis, dell'art. 1, Prima parte, della Tariffa Allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nel testo vigente ratione temporis, secondo cui: ''Ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 4 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso (...) devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza (...) La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;
b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo (...)''.
Pertanto, alla luce della norma in esame, i giudici hanno negato l'applicabilità dei benefici ''prima casa'' al nuovo acquisto, in quanto il contribuente aveva già usufruito della disciplina di favore, a nulla rilevando l'inidoneità dell'immobile a soddisfare i bisogni abitativi della famiglia.
Infatti, si legge nell'ordinanza ''il contribuente può usufruire più volte del beneficio c.d. prima casa, soltanto subordinandolo alla condizione di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto e dal coniuge con le agevolazioni''.
Per completezza, si ricorda che l'art.1, co. 55, della legge 208/2015 (Stabilità 2016), ha stabilito che le agevolazioni ''prima casa'' si applicano anche al riacquisto di una nuova abitazione, a condizione che quella già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto.
In sostanza, viene previsto che i suddetti benefici sono ulteriormente applicabili per l'acquisto di una nuova ''prima casa'', a condizione che l'abitazione già posseduta (comprata a suo tempo con l'agevolazione) venga ceduta entro un anno dal nuovo acquisto.
Tale modifica, in forza del rimando normativo contenuto ai nn.21 e 39, della Tabella A, Parte II allegata al D.P.R. 633/1972, produce effetti anche ai fini IVA, in caso di acquisto o costruzione di una nuova abitazione dall'impresa (aliquota IVA al 4%).
A tal riguardo, si ricorda che di recente l'Agenzia delle Entrate, con la R.M. 86/E/2017, ha riconosciuto l'applicabilità dei benefici ''prima casa'' anche al contribuente che aveva già fruito delle agevolazioni in sede di primo acquisto a titolo oneroso e, successivamente, riacquista, mediante donazione, un nuovo immobile, sempre a condizione di rivendere la ''prima'' abitazione entro un anno.
Viene precisato che, alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016, il contribuente che ha acquistato un'abitazione a titolo oneroso fruendo delle agevolazioni ''prima casa'' potrà richiedere nuovamente l'applicazione di quei benefici in sede di acquisto di un altro immobile a titolo gratuito (donazione o successione), qualora nel relativo atto si impegni a rivendere, entro un anno, l'immobile precedentemente posseduto.
[1] Nota II-bis, all'art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986
«1. Ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;
b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all'art. 1 della L. 22 aprile 1982, n. 168, all'art. 2 del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118, all'art. 3, comma 2, della L. 31 dicembre 1991, n. 415, all'art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21 gennaio 1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio 1992, n. 293, all'art. 2, commi 2 e 3, del D.L. 24 luglio 1992, n. 348, all'art. 1, commi 2 e 3, del D.L. 24 settembre 1992, n. 388, all'art. 1, commi 2 e 3, del D.L. 24 novembre 1992, n. 455, all'art. 1, comma 2, del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75 e all'art. 16 del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 243.

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